Ecco il Signore apparirà!
Auguri a tutti gli amici di RC, a tutti coloro con i quali abbiamo condiviso fede, ideali e slancio missionario.
Luminarie decorazioni scintillanti animano le strade e le piazze dei nostri paesi e delle nostre città. Quanta luce!
In un momento dell'anno in cui le ombre della notte calano presto e durano a lungo anche queste luci ci confortano, ci accompagnano verso la stagione più luminosa. È un periodo di lunga notte nel nostro mondo, conosciamo solo alcune delle ombre che lo sovrastano, quelle più lunghe più scure, che incombono proprio nei luoghi in cui si è manifestata la “Luce”.
Dio viene in mezzo a noi per portarci la “Luce” che ci orienta nelle tenebre: che lo sgomento non diventi scoraggiamento o disperazione, che l'attesa non ci sembri vana. Si legge nelle profezie del Natale “Ecco il Signore apparirà e non mente, se pare che indugi state in attesa, perché verrà e non tarderà”. Fedeltà nell'attesa è la nostra speranza testimoniata, è il cammino per arrivare alla Luce di Betlemme.
Ogni donna uccisa è un fallimento della società
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre 2023), ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«Drammatici fatti di cronaca scuotono le coscienze del Paese. Una società umana, ispirata a criteri di civiltà, non può accettare, non può sopportare lo stillicidio di aggressioni alle donne, quando non il loro assassinio.
La pena e il dolore insanabili di famiglie e di comunità ferite sono lo strazio di tutti.
Quando ci troviamo di fronte a una donna uccisa, alla vita spezzata di una giovane, a una persona umiliata verbalmente o nei gesti della vita di ogni giorno, in famiglia, nei luoghi di lavoro, a scuola, avvertiamo che dietro queste violenze c’è il fallimento di una società che non riesce a promuovere reali rapporti paritari tra donne e uomini.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne richiama tutti a un rinnovato, personale, impegno.
Non soccorrono improvvisate analisi di psicologia sociale a giustificare la persistenza di una piaga che non si riesce a guarire nonostante gli sforzi.
Abbiamo bisogno del lavoro delle Istituzioni, delle associazioni, del mondo produttivo, della scuola, della cultura, del contributo di ciascuno, per sradicare un fenomeno che tradisce il patto su cui si fonda la nostra stessa idea di comunità.
Il numero di donne vittime di aggressioni e sopraffazioni è denuncia stessa dell’esistenza di un fenomeno non legato soltanto a situazioni anomale. Ad esso non possiamo limitarci a contrapporre indignazioni a intermittenza.
Siamo lontani dal radicamento di quel profondo cambiamento culturale che la nostra Carta costituzionale indica.
Un percorso in cui le donne e gli uomini si incontrano per costruire insieme una umanità migliore, nella differenza e nella solidarietà, consapevoli che non può esserci amore senza rispetto, senza l’accettazione dell’altrui libertà.
Una via in cui le donne conquistano l’eguaglianza perché libere di crescere, libere di sapere, libere di essere libere, nello spirito della Convenzione di Istanbul, alla quale ha aderito l’Unione Europea, segno importante di una visione universale di autodeterminazione e dell’eguaglianza dei diritti delle donne e passaggio decisivo nel delineare il quadro degli interventi contro la violenza di genere».
Con la povertà l’Italia ha “Tutto da perdere”
È stata presentata il 17 novembre a Roma – in vista della Giornata Mondiale dei Poveri istituita da papa Francesco, che si è celebrata domenica 19 novembre – la ventisettesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia dal titolo “Tutto da perdere”. I dati confermano come – con oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione – la povertà in Italia sia un fenomeno strutturale e non più residuale come in passato. Una povertà che oggi ha sempre più i tratti dell’“ereditarietà”. Il nostro Paese in Europa è quello in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa.
«La presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere è una sconfitta non solo per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società – afferma don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana –, perché così essa si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano dei diritti». «Da qui – prosegue – la scelta del titolo “Tutto da perdere”, che sottintende come in realtà tutti possiamo dirci vinti di fronte a questi numeri». «Come ci chiede papa Francesco, nell’invitarci a celebrare la Giornata mondiale dei Poveri del 19 novembre, siamo tutti chiamati a “non distogliere lo sguardo dal povero”. Invitati dunque a partire dai poveri, a metterli al centro delle nostre comunità, a fare la nostra parte per cercare di diminuire le disuguaglianze e dare sollievo e nuove opportunità a chi si rivolge a noi, per sconfiggere insieme la miseria».
I Vescovi italiani e l’appello per la pace
“Liberiamoci da pericolose polarizzazioni che nutrono lo scontro e scegliamo con convinzione, intelligenza e forza l’unica parte che è quella della pace”. È l’appello del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella basilica inferiore di Assisi, dopo i Vespri nella basilica di Santa Chiara e la processione dei vescovi fino alla basilica di San Francesco, per implorare il dono della pace pregando sulla sua tomba. “Non si resta a guardare”, il monito del presidente della Cei: “L’odio produce solo odio e non darà mai sicurezza e pace. Facciamo nostro il grido di Papa Francesco, che in realtà è il grido delle migliaia di bambini uccisi: ‘Si soccorrano subito i feriti, si proteggano i civili, si facciano arrivare molti più aiuti umanitari a quella popolazione stremata. Si liberino gli ostaggi, tra i quali ci sono tanti anziani e bambini’. Nel cantiere della pace c’è posto per tutti e ognuno, ognuno, ha il suo”. “Un uomo di pace la dona a tanti intorno a lui, come fece San Francesco”, l’invito: “È il nostro impegno per difendere la Casa Comune e perché sia la casa di ‘Fratelli tutti’. Non è il sogno ingenuo! È l’appassionato sforzo per costruire pezzo per pezzo la pace. E ognuno di noi ha il suo, importante per tutti”. Alla fine, la preghiera di “un grande vescovo italiano, di cui quest’anno ricordiamo i 30 anni dalla morte, don Tonino Bello, fino alla fine artigiano di pace e cantore dell’amore di Dio”: “Spirito Santo, dono del Cristo morente, fa’ che la Chiesa dimostri di averti ereditato davvero. Trattienila ai piedi di tutte le croci. Quelle dei singoli e quelle dei popoli. Ispirale parole e silenzi, perché sappia dare significato al dolore degli uomini. Così che ogni povero comprenda che non è vano il suo pianto, e ripeta con il salmo: ‘le mie lacrime, Signore, nell’otre tuo raccogli’. Rendila protagonista infaticabile di deposizione dal patibolo, perché i corpi schiodati dei sofferenti trovino pace sulle sue ginocchia di madre. In quei momenti poni sulle sue labbra canzoni di speranza. E donale di non arrossire mai della Croce, ma di guardare ad essa come all’antenna della sua nave, le cui vele tu gonfi di brezza e spingi con fiducia lontano”. (Sir 15 novembre 2023)
La dichiarazione dei Vescovi: “non possiamo rassegnarci al silenzio”
Come vescovi, riuniti in Assemblea Generale ad Assisi, esprimiamo la nostra preoccupazione per l’escalation di violenza e odio di questi giorni, che sta assumendo proporzioni sempre più tragiche”. Comincia così la dichiarazione diffusa per la pace dei vescovi italiani, rilasciata al termine della sessione mattutina di oggi. “Sentiamo impellente il compito di denunciare le logiche della contrapposizione e dell’individualismo, e di favorire la collaborazione e la riconciliazione. Sogniamo un mondo che sia davvero casa di tutti, dove il riconoscimento della dignità umana cammini di pari passo con il dovere di amare gli altri come fratelli e sorelle”, proseguono i vescovi: “Guardiamo con particolare dolore alla situazione in Medio Oriente e rinnoviamo l’appello al ‘cessate-il-fuoco’, facendo nostre le parole di Papa Francesco: ‘Le armi si fermino, non porteranno mai la pace, e il conflitto non si allarghi! Basta! Basta, fratelli, basta! A Gaza, si soccorrano subito i feriti, si proteggano i civili, si facciano arrivare molti più aiuti umanitari a quella popolazione stremata. Si liberino gli ostaggi, tra i quali ci sono tanti anziani e bambini'”, il riferimento all’Angelus di domenica scorsa. “Insieme al Medio Oriente, il nostro pensiero va anche all’Ucraina, al Sud Sudan e ai tanti altri luoghi segnati da conflitti spesso dimenticati”, prosegue la dichiarazione: “Non possiamo rassegnarci al silenzio: sentiamo forte l’imperativo a comunicare il Vangelo dell’unità e della riconciliazione in un mondo sprofondato nelle tenebre ma desideroso di luce”. “Da Assisi, la Città della Pace, con l’intercessione di San Francesco, eleviamo la preghiera a Cristo nostra pace (Ef 2,14), che ha la forza per abbattere il muro di inimicizia”, l’appello alla vigilia del momento di implorazione per la pace che si svolgerà questo pomeriggio, con i Vespri, la processione da Santa Chiara a San Francesco e la Messa presieduta dal card. Zuppi: “Egli sostenga l’impegno di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, nella consapevolezza che la costruzione della pace è responsabilità di tutti”. “Non vogliamo che la cultura dell’odio e del pregiudizio continui a seminare divisione, distruzione e morte”, l’appello finale: “Questa è una sfida da affrontare insieme, non più procrastinabile. Nel cantiere della pace c’è posto per tutti: ‘C’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia’ (Fratelli tutti, 225).